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"Romolo Murri"

Come devolvere il 5 per mille al Centro Studi Romolo Murri

ROMOLO MURRI

IMPERIALISMO ECCLESIASTICO E DEMOCRAZIA RELIGIOSA


1917


Indice


Introduzione


I. La teologia e la gerarchia hanno negato lo spirito


II. Lo spirito e gli idoli


III. Il culto del Papato


IV. Storia recente. Tre Papi


V. Il culto della Bibbia


VI. Il nuovo fariseismo


VII. La Chiesa Romana e il N. T.


VIII. Il culto dello Stato


IX. La religione degli Italiani


X. Da che parte è il Vaticano?


XI. Perché il Vaticano è neutrale


XII. Cerchiamo Dio





INTRODUZIONE



Dopo lo scoppio della guerra europea, alcuni teologi e mistici, in Germania, in Inghilterra ed altrove, si chiesero se essa non fosse il fallimento del cristianesimo. E fu risposto da altri che, per fare una tale affermazione, bisognava prima dimostrare che il cristianesimo fosse la religione dell'Europa innanzi alla guerra; e che forse sarebbe stato più facile dimostrare l'opposto: che cioè il cristianesimo non era ancora divenuto, e al principio del secolo xx era meno che per l'addietro, la religione dell'Europa occidentale. Non poteva quindi far fallimento una dottrina o uno spirito che ancora non era stato praticamente applicato.

Le due affermazioni, in apparenza contradittorie, in sostanza si equivalgono; potendosi far consistere il fallimento del cristianesimo in questo, appunto, che, dopo 19 secoli e non ostante l'esistenza di tante chiese cristiane e l'essere ad esse iscritta la quasi totalità degli europei e il tanto parlare di Cristo e di cristianesimo, la dottrina essenziale di questo fosse ancora praticamente inesistente.

In realtà, si rinnovava, in forma più recisa, una opposizione della quale si è sempre avuta coscienza più o meno viva, più viva che mai per l'addietro nel modernismo: quella fra il cristianesimo storico e il cristianesimo di Cristo. Vedere se, e sino a qual punto, questa opposizione sia legittima; se cioè il cristianesimo storico, e in particolare la forma di esso più antica e più diffusa, il cattolicismo, debba esser considerata come l'attuazione pratica, nella storia, dello spirito e dell'insegnamento di Cristo, o come la lenta e fatale deviazione da esso, o l'una cosa e l'altra a un tempo, per dialettica esigenza di sviluppo, esigerebbe un ampio esame che non è qui nostro proponimento istituire. Ma la questione può esser posta in una maniera più pratica e per noi, ora, molto più importante, come segue:

Dato che il cristianesimo, come religione storica derivante dal Cristo e presumente di ispirarsi ai suoi insegnamenti, esiste nel fatto, ed è la religione, in diritto, della quasi totalità degli europei, moltissimi dei quali la praticano, secondo il precetto e la dottrina delle loro Chiese;

dato che questo cristianesimo, in occasione del sorgere e dello svolgersi del presente conflitto, ha rivelato la sua scarsa efficacia, la scarsa unità de' suoi seguaci, l'esistenza e la prevalenza di grandi forze e correnti spirituali, le quali conducono la cultura e la vita europea per tutte altre strade da quelle che esso esigerebbe;

donde deve rifarsi, come interpretare la dottrina del Cristo, che cosa praticare e che cosa esigere come sostanzialmente discendente ed imposto da quella dottrina chi voglia fare di essa sul serio la norma della sua vita e, per quanto gli è possibile, della sua società?

In altre parole: se l'esperienza della guerra è sanguinosa e dolorosa risoluzione di un conflitto interiore della coscienza europea, e se essa, dopo un periodo di esagerati ed esasperati nazionalismi, deve condurre al riconoscimento della comune umanità nelle singole nazioni, all'acquisto dell'autocoscienza dell'unità dei popoli nella identità spirituale (praticamente nella giustizia e nell'amore), quale rapporto dobbiamo vedere fra questo processo o questa crisi e il cristianesimo di Cristo o il cristianesimo delle religioni positive?

La domanda — i lettori ce lo ammetteranno facilmente, sia che essi si interessino di questo argomento come credenti, sia che come semplici curiosi — è legittima e opportunissima.

E ad essa noi abbiamo pronta la nostra risposta. Il cristianesimo di Cristo si proponeva di condurre gli uomini ad adorare Dio in spirito e verità; di essere una religione di libertà; di assommare la vita morale in due precetti, anzi in uno solo, l'amore di Dio e l'amore del prossimo, il culto di Dio come amore, l'amore di Dio nel prossimo; esso era, idealmente, l'abolizione della legge, la sostituzione di un solo intermediario, Cristo, alla mediazione di istituti ecclesiastico-politici, il rapporto immediato dell'anima con Dio, attraverso il Cristo, al disopra di, e all'occasione contro, ogni vincolo di dominio, di potere; di interesse terreno.

Nell'essenza sua, il cristianesimo di Cristo fu l'ascensione della coscienza umana al concetto della storia come incarnazione di Dio nella volontà buona, della redenzione come superamento della volontà del male (peccato) nel bene vittorioso, della egualità delle anime nella immanente divinità, dell'unità dello spirito tradotta nell'amore; la coscienza dell'unum sunt; il precetto dell'unum sint.

Il cristianesimo delle Chiese, dal momento in cui Chiese organizzate incominciano ad essere, non è stato questo; non chiediamoci, ora, perché e come esso ha potuto divenire altra cosa, negare in parte quello che Cristo aveva affermato, ricostituire la legge e la Sinagoga, riincludere quello che Cristo aveva escluso; come ha potuto legare lo spirito a una quantità di formule imperative, imporre praticamente una concezione della libertà religiosa che era, in fatto, nuova servitù, dovere di rinunciare alla libertà nelle mani di una organizzazione; come ha potuto deformare il precetto dell'amore limitandolo ai proprii fedeli, e fra questi, ancora, solo a quelli che seguono docilmente l'autorità, legittimando verso gli altri innumerevoli forme di odio e di persecuzione; limitiamoci a notare il fatto, incontrovertibile nella storia del cattolicismo e della ortodossia medioevali (e alle forme del Medio Evo queste Chiese sono tuttora strettamente legate).


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I. La teologia e la gerarchia hanno negato lo spirito



La riforma protestante volle essere, sotto taluni aspetti, un ritorno alle origini; da essa derivano alcune delle più fresche polle di cristianesimo contemporaneo; ed essa ha posto dei principii di libertà religiosa e di cristianesimo interiore che hanno fatto di poi il loro cammino nel mondo. Ma l'opera della riforma, negli stessi maggiori uomini che la iniziarono, fu limitata e contenuta dallo spirito del tempo e dalla insufficienza della cultura; e il cristianesimo protestante, se ebbe in generale il merito di una maggiore interiorità e di un più intimo legame con le nuove correnti di critica e di pensiero, manifesta poi nel suo insieme insufficienze e debolezze e contraddizioni interiori che l'han fatto oggetto di una critica forse altrettanto severa che quella la quale è rivolta contro il cattolicismo. Il caso della Germania riformata e luterana che giunge alla concezione di sé e del mondo della quale è effetto ed esempio insuperabilmente perspicuo la presente guerra dice da solo più che non possan fare dieci volumi.

Esaminare le cause di questo che non chiameremo fallimento del cristianesimo ma insufficienza storica o mancata applicazione di esso è impresa assai complicata e difficile. Nella storia, come forse anche nella natura, non ci sono cause; non c'è che una infinita concatenazione di fatti, nella quale ciascuno dipende da tutti gli altri e tutti, se esaminato a fondo, li richiama. Studiare l'insufficienza storica del cristianesimo significherebbe fare la storia del cristianesimo; e fare la storia del cristianesimo significherebbe fare la storia di tutta la società che l'ha più o meno praticato e vissuto, da Paolo di Tarso a Guglielmo II e a Benedetto XV. Ed io che da venti anni mi occupo solo di questo, ed ho analizzato in innumerevoli guise e sotto innumerevoli aspetti un problema che non cessa di essere il tormento del mio spirito, quello della vita religiosa degli italiani, ed ho scritto su di esso innumerevoli pagine, ho per ciò stesso una ragione di esser più modesto di ogni altro; poiché sempre, ad ogni nuova esperienza di pensiero o di vita, la questione m'è apparsa nuova e più intricata e più profonda nelle sue interne ragioni e più complicata nei riferimenti. Persino gli indispensabili sussidii metodologici sono meravigliosamente insufficienti, non ostante la stessa molteplicità di essi, anzi in forza appunto di questi. Poiché l'enorme congerie degli studii sul cristianesimo limita arbitrariamente l'oggetto suo, isolandolo dal campo della più complessa vita dello spirito e storia della cultura; e la filosofia, la quale dovrebbe darci i criterii di metodo per lo studio della storia dello spirito, si avvolge ancora in incertezze evidenti e in contraddizioni paurose intorno a quello stesso concetto del divino, del rapporto fra Dio e il mondo, fra gli spiriti e lo spirito, che pure è il problema centrale, teorico e storico insieme, del cristianesimo.

La cosa più saggia è quindi riconoscere candidamente che in questo mirabile processo di auto-coscienza nel quale l'umanità acquista insieme coscienza della sua storia e la fa, a ciascun di noi, limitato sperimentatore ed attore in un frammento di essa, tocca una assai piccola parte, con assai poveri sussidii per compierla, la quale avrà dopo noi il suo svolgimento; e contentarci, che è già molto, di conservar vivo in noi il senso del problema — il problema che è la nostra stessa storia, in quanto non essa è nostra, ma noi siamo di essa — ed approfondirlo, per quanto ci è possibile, nella vita del nostro spirito che è insieme e ad un tempo uno sforzo, intellettuale verso la verità, morale verso la libertà.

Questo nostro studio — che fa seguito all'altro: Il Sangue e l'Altare, e lo suppone — avrà quindi uno scopo assai modesto e ristretto. Esso vuol rispondere alla domanda che ci siamo posta: perché il cristianesimo, che fissò già così luminosamente, e per sempre, le esigenze fondamentali della vera vita religiosa, ha avuto nella storia di questi ultimi tempi, nella storia dalla quale emerse la guerra, così scarsa applicazione, ed è apparso quindi così insufficiente a dominarla e condurla. Ed ancora, io non esamino questo che in taluni pochi determinati aspetti; ed anche in questi non sistematicamente, ma in brevi saggi parziali.

Annunziando questo lavoro, mi ero proposto uno scopo più sistematico; ma dovetti poi acquistare la persuasione che pochi mi avrebbero seguito e che il lavoro, anche per quei pochi, sarebbe stato in parte inutile. Un saggio breve, parziale, se riesce a cogliere nel vivo e a tracciare limpidamente anche solo un aspetto dell'immane argomento, giova, meglio che una ponderosa trattazione, a collocare il lettore nel punto di vista che chi scrive occupa, a suggerirgli le conclusioni pratiche le quali questi ha presenti.

Alcuni altri aspetti del problema, quelli che non riguardano direttamente il cristianesimo, ma le idee e le fedi con le quali si tentò di superarlo e di sostituirlo, nella condotta pratica della vita individuale e collettiva, saranno trattati nel volumetto che seguirà a questo: l'Anarchia spirituale.

E con esso avrò per ora assolto la prima parte del compito che m'era proposto, in queste meditazioni religiose sulla guerra: la parte critica.

Dovrebbe seguire, poi, la parte ricostruttiva; che sarà, più opportunamente, riserbata a dopo la guerra, quando — in questo campo, nel quale ora impera la tregua della concordia nazionale, — si potrà non solo dire, ma fare; e fare, ripigliando le linee spezzate del modernismo, con un programma — appunto — non più critico ma costruttivo.


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II. Lo spirito e gli idoli



Sezione non disponibile per motivi di copyright. Il testo diverrà di pubblico dominio solo a partire dall'aprile 2014.


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III. Il culto del Papato



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IV. Storia recente. Tre Papi



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V. Il culto della Bibbia



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VI. Il nuovo fariseismo



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VII. La Chiesa Romana e il N. T.



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VIII. Il culto dello Stato



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IX. La religione degli Italiani



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X. Da che parte è il Vaticano?



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XI. Perché il Vaticano è neutrale



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XII. Cerchiamo Dio



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