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"Romolo Murri"

Come devolvere il 5 per mille al Centro Studi Romolo Murri

ROMOLO MURRI

IL SANGUE E L'ALTARE


1916


Indice


Al lettore


I. La Diana


II. Gli dèi hanno sete


III. In faccia al mito


IV. La vendetta dello spirito


V. La religione della patria


VI.Lo Stato-Chiesa e i suoi eretici


VII. Morte e immortalità





Al Lettore.



Nel piano generale di questa serie di volumetti, il primo, anzi i tre primi sono riserbati, nel pensiero dell'autore, alla critica, alle lesioni immediate della presente esperienza tragica, alla revisione delle dottrine che la precedettero e prepararono, alla definizione dei problemi che essa pone o rinnova. Le linee fondamentali di una ricostruzione dei valori religiosi e politici sono, in essi, appena accennate di quando in quando, e riservate ai volumetti, IV-VI.

Il lettore è quindi pregato di non esser troppo facile ad argomentare da una esposizione qualche volta cruda, perché vuol esser sincera, da una critica qualche volta radicale, perché vuol coglier giusto, oltrepassando il velo delle abitudini mentali e morali, dei giudizii fatti, delle illusioni, una veduta d'insieme negativa e pessimistica nell'autore.

I tonici sono generalmente amari; e l'amaro sarà compensato più tardi dal senso di benessere che l'organismo acquista ricostituendosi e risanando. Così, nelle vie dello spirito, la verità è amara nei primi momenti, quando essa è senso e coscienza e superamento dell'illusione e dell'errore. Se, secondo Aristotele, lo scopo della tragedia è la purgazione delle passioni, questa tragedia europea avrà attori e spettatori più saggi gli individui ed i popoli che vogliano appunto, attraverso ad essa, purgare le loro passioni, e che non stimino quindi, inutile l'amaro della visione perspicua, della sincerità crudele e della riflessione severa, e non sieno da esso impediti e distratti dalla laboriosa ricostituzione spirituale che l'Europa in guerra invoca con tutte le sue voci e che, è il pensiero dominante di questa piccola serie.


Il simbolismo del titolo proprio di questo primo volume, di prolegomeni, non ha, ci pare, nulla di capriccioso o di esoterico.

Il sangue: chi non lo vede cuoprire l'Europa di macchie gigantesche, scorrere ogni giorno da mille vene nuovamente aperte e squarciate? Ed il sangue è sempre il sigillo che gli uomini pongono alle loro fedi. Se queste infatti sono oltre e sopra la vita, nulla le prova meglio che il sacrificio della vita. Sicché a ragione questo è stato chiamato la testimonianza per eccellenza, il martirio.

D'altra parte, l'altare è l'espressione tradizionale delle fedi. La vita dedicata a un ideale è fiamma che arde sopra un altare. Intorno all'altare le coscienze avvolte nel velo dell'ignoranza e delle superstizioni si raccolgono per intravvedere, come da uno squarcio, un lembo di cielo, per sentirsi percorrere da un fremito di divino.

E per questo gli altari, per antica tradizione, bevvero sangue di vittime; e questo fu il rito primigenio e fondamentale. Ed anche oggi, sull'altare cristiano, è il sangue di un Dio ucciso che si versa. E, sinché il senso della vita è senso di debolezza e di colpa, nel sangue si cerca la redenzione, come per un insegnamento e una, nemesi davvero divina, che impone all'uomo ed alla storia degli uomini di riscattare col sangue una vita che essi non hanno saputo far davvero propria, conquistare nella giustizia, nella bellezza e nella bontà.

Quando, nel calendimaggio sognato dal poeta, gli uomini si presenteranno tutti a celebrare, nel rito del pane fraternamente spezzato per tutti, la vita, umana e divina, la vita che nessuno possiede e celebra veracemente, se non come vita universa, sua e di tutti gli nomini, con pari titolo, in pari amore, allora l'altare sarà senza sangue, allora sarà la pace, nelle coscienze e nel mondo.


Queste pagine non sono scritte per i professionisti del sapere. Vorrebbero un altro pubblico: di giovani, di educatori modesti, di uomini d'affari che non trascurino, per gli affari, il loro ospite interno. Non sono quindi pensate e scritte con metodo dialettico; benché gli elementi di un ordine sistematico vi sieno, ed appariranno facilmente a chi abbia l'occhio più acuto e l'intelligenza abituata alla riflessione critica ed ai procedimenti dialettici. Tuttavia, nei brevi sommarii premessi a ciascun capitolo, abbiamo voluto indicare il posto di esso in una sistemazione razionale degli argomenti che trattiamo.

Gualdo (Macerata), 2 marzo 1916.

R. M.


Indice





I. La Diana



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GUERRA E RELIGIONE. Il lettore ci concederà che non è, questo, un avvicinamento capriccioso. La religione è stata avvicinata e mescolata alla guerra in mille modi, da quelli che la decisero o la accettarono a quelli che la combattono ed agli altri che li attendono nella vecchia casa domestica. Di guerra, dal punto di vista religioso, e di religione alla luce dell'esperienza tragica della guerra, si è parlato da innumerevoli.

Da quali categorie di persone, più specialmente? Non certo da quelli che gli studii le abitudini o le occupazioni portavano a considerare di preferenza l'aspetto esteriore della guerra, economico o etnico o politico e via dicendo; ma da quegli altri che avevano bisogno di intenderla e volevano intenderla come fatto di coscienze umane, soggetto alle categorie ed alle valutazioni morali, collocarla nel mondo dello spirito, giudicare, alla luce sinistra di essa, il pregio il valore i vizi morali di una cultura e di un'epoca e trarne ammaestramenti per la vita di domani.

Ognuno ha sentito e ripensato e rivissuto in sé la guerra a suo modo, secondo quel che egli era. Gli studiosi del giusto e dell'ingiusto, del bene e del male, dei fatti e dei valori religiosi, i pastori di anime, gli educatori, i suscitatori di energie spirituali, i profeti — triste il popolo che non ha con sé dei profeti — l'hanno sentita e ripensata e rivissuta secondo le forme e lo spirito della loro coscienza giuridica, etica, religiosa. Hanno ricercato le responsabilità morali, hanno ripreso in esame le dottrine etiche e. le concezioni di vita dominanti nel periodo di cultura che la precedette. hanno voluto penetrare addentro in questo spaventoso riscatenarsi dell'istinto di violenza e nella condotta dei popoli dinanzi alla guerra, nella quale le virtù e i vizi di essi apparivano con cruda evidenza. Se, nella divisione di lavoro che è il risultato e la base della collaborazione sociale, questi uomini sono quello che è la coscienza morale. nell'individuo, non solo essi meritano di essere ascoltati, ma quello che essi dicono è la più intima anima delle nazioni in guerra, il frutto spirituale di questa.



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II. Gli dèi hanno sete



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III. In faccia al mito



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IV. La vendetta dello spirito



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V. La religione della patria



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VI. Lo Stato-Chiesa e i suoi eretici



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VII. Morte e immortalità



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